1 febbraio 2021 - 13:08

«Università Spa», ecco perché gli atenei torinesi sono la più grande «azienda» innovativa del territorio

Promuovono il trasferimento hitech alle imprese, creano spinoff, elaborano brevetti e lanciano laboratori su healthcare, industria 4.0 e intelligenza artificiale

di Chiara Sandrucci

«Università Spa», ecco perché gli atenei torinesi sono la più grande «azienda» innovativa del territorio
shadow

Torino come Pittsburgh, un tempo capitale dell’acciaio e oggi Polo della salute. Trainata dalle sue università. Torino che esce dalle fabbriche ed entra negli atenei, per produrre beni a maggior valore aggiunto. Non ancora e non solo città universitaria in senso stretto, ma un centro di competenze capace di far ripartire l’economia. Se ne parla da anni, ma il primo passo è già avvenuto. L’«Università Spa» torinese è oggi una delle più grandi «aziende» tecnologiche del territorio, con oltre 110 mila studenti, mezzo miliardo di giro d’affari, progetti in essere per più di 250 milioni di euro. Dentro a tutte le grandi partite che stanno trasformando la città si trovano sempre loro: Politecnico e Università degli Studi in primis e poi business school, lab e incubatori.

Sapere è potere

Il Politecnico ha 4 mila dipendenti, un budget annuo di 263 milioni, possiede 293 brevetti attivi e 784 depositati totali. «Il Consiglio di amministrazione ha appena dato il via all’edificazione della Città della manifattura 4.0 a Mirafiori — dice Guido Saracco, rettore del Politecnico —. Sono in arrivo altri 30 milioni per questo parco e il Polo dell’aerospazio, oltre a 20 milioni per il Centro di ricerca sull’innovazione dell’autoveicolo». Unito riceve un fondo di finanziamento ordinario di oltre 300 milioni. Mettendo insieme i due atenei si supera il mezzo miliardo. Senza contare l’effetto moltiplicatore deli interventi dei due atenei, che potrebbe valere anche 10 volti il budget gestito. «Nel conto economico finale abbiamo superato il miliardo di euro, come ente pubblico siamo secondi soltanto al Comune — spiega il rettore di Unito Stefano Geuna —. Diamo lavoro a oltre 5 mila persone più l’indotto, muoviamo oltre 80 mila studenti, grazie ai finanziamenti in crescita assumeremo altre 250 persone tra personale tecnico amministrativo e ricercatori, solo nel cantiere del nuovo Campus a Grugliasco lavoreranno circa 500 persone per 3 anni».

Business plan

Ma l’azienda-università non vuole limitarsi al trasferimento delle competenze. Punta ad essere motore di propulsione per il territorio, attivando un circolo virtuoso. «Il nostro compito è di fare innovazione in collaborazione con le aziende, per contribuire alla crescita — conferma il rettore Geuna —. La Città della Scienza con chimica e biologia che sorgerà a Grugliasco, dove già ci sono agraria e veterinaria, darà impulso all’intera filiera agroalimentare». Il Parco della Salute ha l’ambizione di diventare un grande Polo di ricerca e innovazione per attrarre le imprese del distretto bio medicale, in nome della ricerca applicata e dell’«open science». Il Competence Center Cim 4.0 è già operativo per supportare le imprese orientate alla digitalizzazione dei processi industriali. La Città della manifattura 4.0 a Mirafiori terrà conto anche delle esigenze di Stellantis e la Città dell’Aerospazio in corso Marche è stata fin dall’inizio concepita di concerto con Leonardo e Alenia. Ultimo arrivo, il neo Istituto italiano per l’intelligenza artificiale (I3A), assegnato dal Mise a Torino, dove sia l’Università che il Politecnico avranno un ruolo determinante.

Il cronoprogramma

«Sono mesi cruciali, stiamo scollinando: è un momento molto positivo — commenta Saracco —. Nei momenti in cui l’economia è stagnante, devono essere le università ad uscire dalla torre e imprimere una svolta aprendosi al mondo dell’industria». Il rettore del Politecnico parla di un «potenziale enorme», convinto che formazione e ricerca siano «ineludibili per andare avanti» e che l’obiettivo ultimo sia di «mantenere competitive le imprese esistenti e di attrarne di nuove». Un piano strategico condiviso dalle altre realtà universitarie e dagli incubatori di start up che lavorano sul trasferimento tecnologico. «Da qui a 10 anni non c’è alternativa per Torino che diventare città dell’innovazione tecnico scientifica: l’unica traiettoria che abbia senso seguire — sostiene Giuseppe Scellato, presidente di I3P, l’incubatore di imprese innovative del Politecnico —. Torino possiede la taglia giusta, è in vantaggio sul costo della vita rispetto ad altri hub tecnici europei e vanta una forte integrazione tra enti pubblici». Le start up nate in I3P hanno chiuso il 2020 con una raccolta di capitali di oltre 12 milioni. Quattro di loro sono state acquisite da aziende più grandi, come Scloby da Zucchetti e Lanieri da parte del Gruppo Reda.

Patrimonio di talenti

«Ma il primo obiettivo di una città della conoscenza è la creazione di capitale umano, oltre ad offrire una relazione diretta con l’impresa» aggiunge Scellato. L’importante sarà evitare che le aziende nascano qui e poi si trasferiscano altrove, così come i laureati. «La nostra missione è di essere fucina di talenti, creando un think tank a cui la città attinga — conferma Francesco Rattalino, direttore della business school ESCP Torino Campus —. La seconda è di renderla più internazionale, portando qui studenti stranieri e fornendo opportunità di scambio a tutti i livelli». Anche il Campus torinese dell’università internazionale ESCP è in crescita e sta per cambiare sede. «L’industria della formazione è quella che muove più Pil a Torino», concorda Rattalino, che per promuovere la città ha in mente un modello «stile Netflix». Dovrebbe essere accessibile «in pochi click» alle aziende che vogliano trasferirsi qui, offrire «un pacchetto interessante e contenuti di qualità» a costi relativamente bassi. Tutto per evitare di restare una città del sapere e basta. «Il rischio di fermarsi lì esiste — ammette il rettore di Unito Geuna —. Ma confido nel fatto che dove c’è eccellenza scientifica il lavoro si genera, con risultati duraturi». Le Università, con il contributo fattivo delle fondazioni, oggi hanno le chiavi della città in mano. Se non del comando, almeno del motore di accensione.

© RIPRODUZIONE RISERVATA